Qualche tempo fa ho avuto la fortuna di imbattermi in un modello incollato da vetrina degli anni 60, in condizioni assolutamente perfette. Una parte (il tetto) dello stesso modello era stata trovata tempo fa da un collezionista olandese che ha anche recuperato un articolo pubblicato sul numero 741 del 6 dicembre 1964 di Epoca.
Uno stipendio per giocare sette ore al giorno
A Billund, una cittadina dello Jutland, in Danimarca, ogni mattina, distinti signori entrano nei loro uffici puntualmente, appendono cappello e soprabito e si mettono a giocare con dei pezzetti di plastica colorati. Seri e cogitabondi continuano a giocare per tutta la mattinata: dopo la pausa di mezzogiorno riprendono, instancabili, fino a sera così per cinque giorni la settimana. E alla fine del mese passano alla cassa ritirare lo stipendio.
Sembra una favola, specie poi trattandosi della patria di Andersen. Invece, per quei gravi signori il gioco infantile rappresenta il pane quotidiano. Più che impiegati sono artisti dalla fervida fantasia incaricati di escogitare sperimentare tutti i possibili modi di impiego di quei pezzettini di plastica colorati che sono poi i famosi «mattoni Lego», ambiti da tutti i bambini ragazzi del mondo. Lego oggi è il più popolare e richiesto giocattolo di costruzioni, la materia prima della fantasia, con la quale i bambini possono creare tutto ciò che vogliono.
Basta considerare che due mattoni a 8 bottoni si possono combinare in 46 modi diversi. Quindi anche chi non è forte matematica intuisce che con cento pezzi Lego si possono ottenere miliardi di forme diverse. Con Lego entrano in gioco due doti più o meno sviluppate in tutti noi: l’immaginazione e la fantasia, davanti alle quali si dischiude un campo d’azione sterminato. L’immaginazione ricrea cose vere, esistenti, la fantasia ne inventa di nuove. Nascono così barche da pesca, automobili di sogno, favolosi castelli, famose basiliche, ma anche bizzarri veicoli mai visti, forse astronavi, animali vissuti nemmeno nella preistoria.
«Quel giocattolo vorrei averlo per divertirmi io». E’ una frase che ognuno di noi ha spesso udito in bocca gente adulta. E tutti conosciamo dei padri che comprano un balocco al loro bambino per poi giocarci loro per delle ore. Ebbene, Lego è proprio uno di questi giocattoli perché stimola anche grandi. Ma il signor Godtfred Kirk Christiansen, quando l’inventò una quindicina d’anni fa, non aveva in mente gli adulti. Egli voleva dare così uno sfogo all’impulso creativo dei bimbi perché sapeva che questo impulso è innato, ma emerge nel bambino in maniera indeterminata. Se non lo si aiuta, si rischia di perdere per sempre preziose base per l’attività creativa.
«Il genio creativo del bambino – afferma il pedagogo americano Hilary Page – si rivela spesso nella maniera con la quale egli volge i suoi balocchi ad altri usi. Un bambino di tre anni e mezzo usavo un’asticciola infissa in un elemento della sua piramide di anelli per farle un candeliere che portava seco negli angoli bui della casa. Una mia piccola amica usava il lettino della bambola a guisa di treno, autobus, carrello per il tè. E’ dannoso frenare l’ingegnosità infantile, perché l’adattabilità è una virtù preziosa nell’adulto e ovviamente è destinata a non svilupparsi se è repressa nella prima infanzia».
Avendo in mente queste cose, il signor Christiansen inventò un giocattolo duttile, che offrisse al bimbo amplissima libertà d’azione e che nello stesso tempo ne stimolasse l’impulso creativo, l’immaginazione e il senso logico, ma anche l’attenzione e la volontà. Ecco perché Lego è ovunque molto richiesto dai maestri come sussidio didattico. E’ altresì gradito alle mamme dei bambini vivaci e irrequieti, i quali, alle prese con questi mattoncini colorati, se ne stanno quieti per ore e ore.
Visto il successo della sua invenzione, il signor Christiansen, nel 1951 trasformò la vecchia fabbrica dei balocchi in legno di Billund, fondata dal padre nel 1932, in un moderno stabilimento per la produzione di mattoni Lego, dotato persino di un aeroporto.
Intanto altre fabbriche sono sorte in inghilterra, in Canada e negli Stati Uniti. Nella sola Europa occidentale 20.000 negozi espongono giocattoli Lego.
E ogni mattina alcuni distinti signori continuano a giocare puntualmente nei loro uffici di Billund per far sì che giochino sempre meglio tutti i bambini del mondo.
Prima che riuscissimo a identificare la rivista (grazie all’amico Nicola!) avevamo dedotto che si trattasse del 1964 perché:
- Nella prima immagine c’è il set 050, del 1964;
- Nell’articolo si parla di “una quindicina di anni fa”, per l’introduzione del mattoncino. 1949 + 15 = 1964;
- Nella casa incollata ci sono, tra gli altri, dei plate grigi piccoli, introdotti solo nel 1963.
Nota: Nel 1964 non era ancora stato deciso che “LEGO” andasse scritto tutto in maiuscolo, ovviamente. 😉
Pubblico anche gli scan dell’articolo e di quello che stava sul retro della pagina (che rigurda la Italocremona, che faceva bambole, ma anche il sistema di costruzioni – non compatibile – Plastic City).