Probabilmente è stato uno dei primi fan LEGO adulti e sicuramente è stato il primo designer straniero che il LEGO Group abbia mai assunto – se ciò non bastasse, ha realizzato il leggendario castello giallo. Bricks Culture incontra il designer in pensione Daniel August Krentz.
Questa casa dovrebbe essere un museo. C’è LEGO ovunque e ci sono edifici in qualsiasi scala possibile e immaginabile: sulle librerie, sui tavoli, sopra gli armadi e appesi ai muri. Quando pensi di aver visto tutto, ti capita di passare sotto un lucernario e notare una struttura architettonica dall’aspetto orientaleggiante attaccata allo stipite della finestra sopra la tua testa. Questa è la casa di una mente creativa, qualcuno che ha passato la maggior parte della propria vita professionale a sperimentare con mattoncini di plastica.
“A volte mi sento un po’ come un curatore”, ammette Daniel August Krentz. È in pensione dal 1999, ma vive ancora a Billund, il tranquillo paesino dello Jutland, in Danimarca, dove ha messo piede per la prima volta 45 anni fa. Allora era un giovane americano di 32 anni che parlava principalmente inglese, ma a cui era stata data una rara opportunità grazie a una serie di coincidenze.
“Sono nato a Oak Park, in Illinois, nel 1937, ma visto che il clima era pessimo per la salute di mia madre, sono cresciuto a Denver, in Colorado. Dopo aver interrotto gli studi in psicologia, mi sono trasferito a Chicago e un giorno, all’inizio degli anni 60, ho visto i mattoncini LEGO per la prima volta nella vetrina di un grande magazzino chiamato Marshall Field’s. Sono rimasto subito affascinato da tutti quei colori e da tutte le possibilità che davano, così ne ho comprati un bel po’.”
“Ci divertivamo molto insieme. Ci tiravamo i mattoncini cercando di non farci scoprire. Era un bel modo per sfogarci”
Nel 1965 Krentz si trasferì di nuovo a Denver, luogo che a suo tempo era il posto ideale per una persona che amasse costruire con i mattoncini LEGO. La Samsonite, azienda produttore di valigie, aveva la sede lì e aveva appena ottenuto la licenza per realizzare prodotti LEGO in Nord America. Era inevitabile che Krentz a un certo punto li contattasse.
“Videro alcune delle case che avevo costruito con i mattoncini che avevo comprato a Chicago e le apprezzarono così tanto che mi offrirono la possibilità di andare in Danimarca per un anno. Mi sembrò una opportunità fantastica per visitare l’Europa, e amavo LEGO, per cui accettai felicemente il contratto di un anno. Fu così che finii a Billund nel febbraio del 1970.”
Oggi, il LEGO Group è un’azienda veramente internazionale e chiunque voglia lavorarci, almeno come designer, deve essere pronto a parlare in inglese nelle conversazioni con i colleghi. Ma non era così quando arrivò il primo designer straniero.
“Dovetti imparare a parlare il danese. Andai a scuola una volta alla settimana per due anni, ma alla fine non era poi così difficile. L’inglese e il danese hanno radici comuni e così il tedesco, e io ho un’ascendenza tedesca così per me fu più semplice. Focalizzai quindi la maggior parte delle mie energie nella costruzione delle mie proposte di modelli.”
Quando il contratto iniziale di un anno terminò, Krentz si prese un paio d’anni di pausa per vivere altrove in Danimarca, prima di ritornare stabilmente. Il primo set che progettò, un mulino blu – set numero 362 in Europa e 550 in US – comparve nei negozi nel 1975.
“A Natale facevamo un viaggio a Copenhagen dove vedevamo tutta la linea LEGO sugli scaffali dei negozi. Mi ricordo di aver visto quel mulino e che la sensazione fosse bellissima. È strano… mentre lavoravo avevo sempre in mente il modello successivo, ma quando vidi quel modello in quel negozio mi resi conto che i bambini ci avrebbero giocato. È un processo molto positivo.”
Oggi ci sono più di 200 designer che lavorano per il LEGO Group, ma Krentz lavorava in un gruppo molto più intimo che consisteva in lui, Niels Milan Pedersen, Jens Nygaard Knudsen e, più tardi, Steen Sig Andersen. E questo gruppo è rimasto stabilmente insieme per buona parte del tempo che Krentz ha passato nell’azienda.
“Ci divertivamo molto insieme. Ci tiravamo i mattoncini cercando di non farci scoprire. Era un bel modo per sfogarci quando ci serviva. Ognuno di noi aveva le sue specialità… io mi concentravo principalmente sulle case, per esempio… ma negli anni successivi alla mia assunzione, l’azienda ebbe un periodo di crescita, con espansione in altri paesi come gli USA e iniziammo a diversificarci su diverse linee come Space e quella che finii a fare io: Castle.”
Il primissimo set Castle, il numero 375, uscì nel 1978 e ha ormai raggiunto uno status quasi mitologico tra i collezionisti LEGO, specialmente quelli che sono fan dei temi storici. Il set viene ricordato anche per un altro motivo… è giallo, un colore strano per un castello. Ci sono diverse motivazioni per questo, una è dovuta alla policy interna ‘niente guerra’. Godtfred Kirk Christiansen, il proprietario di allora, temeva che l’introduzione di mattoncini grigi potesse ispirare i bambini a costruire carri armati e macchine da guerra, per cui inizialmente si rifiutò di permettere la produzione di quel colore. Con l’introduzione del tema Space però risultò impossibile evitare i mattoncini grigi, ma il primo castello finì con l’uscire comunque in giallo.
“In realtà non volevo particolarmente realizzarlo in grigio, ma se l’avessi dovuto rifare più avanti probabilmente avrei usato il colore noto internamente come brick yellow, quello che i fan chiamano tan”, dice Krentz. “Sarebbe stato un colore più adatto per il genere di roccia con cui nella mia mente il castello era costruito, ma allora non esisteva, per cui divenne un castello giallo. Eravamo tutti d’accordo però che il successivo sarebbe dovuto essere grigio, perché avevamo un sacco di nuovi pezzi grigi dalla linea Space.” Così il primissimo castello LEGO è l’unico che sia giallo, al momento.
Il 1978, l’anno del castello giallo, fu anche l’anno in cui venne introdotta un’altra novità gialla: la minifigure nella sua forma attuale con braccia e gambe mobili. La minifigure è diventata una delle icone LEGO più importanti, essendo stata prodotta in più di cinque miliardi di esemplari da quando è stata introdotta. “Non ricordo di averla considerata una rivoluzione allora… sembrava solo la naturale evoluzione della figura che avevamo già”, dice Krentz. “Naturalmente aprì molte nuove possibilità a noi designer… potevemo metterle nelle case e nei veicoli. Sono perfettamente consapevole che oggi la minifigure è una cosa molto importante!”
Nei 20 anni successivi, l’azienda continuò a crescere rapidamente e i designer notarono questo successo.
“Eravamo sotto pressione sempre maggiore, ma ci sembrava naturale: l’azienda cresceva e il volume di produzione cresceva con essa. Avevamo sempre più test sui prodotti… in genere non ero coinvolto, ma ci dicevano i risultati e dovevamo quindi modificare quello che progettavamo.”
Al giorno d’oggi, molti designer del LEGO Group interagiscono con i clienti, sia bambini che adulti. A Krentz sarebbe piaciuto avere la possiblità di farlo.
“È una domanda teorica ormai, visto che sono in pensione da 16 anni, ma credo che sarebbe stata un’esperienza interessante. Raramente avevamo un feedback diretto dai clienti. Credo che fossimo molto più separati da loro di quanto lo siano oggi i designer.” dice Krentz, aggiungendo che gli piace ancora oggi costruire set progettati dai suoi successori.
“Mi sembra che oggi ci siano molte più possibilità di quante ce ne fossero ai miei tempi e sicuramente c’è una gamma più ampia di prodotti. Mi piace la serie Architecture – ho il set di Fallingwater qui da qualche parte e non vedo l’ora di costruirlo – ma a parte comprare e costruire set moderni, non faccio molta attenzione a quello che succede attorno all’azienda. Mi sento un po’ distante, ormai, visto che non ci lavoro più.”
Il temuto giorno arrivò nel 1999. Krentz andò in pensione in un periodo molto turbolento per l’azienda.
“Molta gente se ne andò, allora. Le cose non andavano bene, per cui c’era molta ristrutturazione interna. Nonostante ci fossero alcuni aspetti del mio lavoro che stavano iniziando a stancarmi, fu un triste giorno quando dovetti andarmene. Mi sarebbe piaciuto continuare, ma è possibile che rimanessi lì solo per abitudine, ormai, o magari qualcun altro pensava che lo stessi facendo. Non lo so.”
Anche se Krentz lasciò l’azienda e andò in pensione, continua ancora a tenersi in contatto con le persone con cui ha lavorato per così tanti anni, creando amicizie che durano ancora oggi.
“La creatività non è mai stata un problema per me… ho ancora più idee di quante riesca effettivamente a realizzare”
“È più giovane di me, ma ancora oggi a volte vado a pranzo con Niels e parliamo dei vecchi tempi e di tutto il resto. Vedo anche Jens una volta all’anno… non vive qui a Billund, ma quando passa ci vediamo. E per quanto riguarda me, alla fine sono rimasto qui dopo che sono andato in pensione. La maggior parte delle persone che conoscevo negli Stati Uniti non c’è più, per cui quello che ho è qui. Anche se ormai sono più danese, mi sento ancora in parte americano a ho un passaporto americano – anche se penso che sia scaduto…”
Quello che il designer in pensione non ha fatto dopo che ha lasciato il LEGO Group, comunque, è stato abbandonare la costruzione. Al contrario, ha iniziato a creare modelli più grandi e complessi di quanto potesse fare prima e direttamente in casa sua, trasformandola così nella spettacolare caverna LEGO che è oggi.
“Più un modello è grande, più costerà, naturalmente. Restrizioni del genere a volte mi davano fastidio quando lavoravo. Ora posso fare quello che mi pare e da quando sono in pensione costruisco in scala più grande… l’unica cosa che mi limita è lo spazio a mia disposizione, ma almeno nessuno mi dice come fare le cose” sorride Krentz.
“La creatività non è mai stata un problema per me… ho ancora più idee di quante riesca effettivamente a realizzare. Mi piacerebbe fare qualcosa della prima o della seconda guerra mondiale, anche se è un tema controverso in termini LEGO. Di recente ho pensato a fare qualcosa del 25° secolo, alla Buck Rogers, ma non ne so abbastanza per rendergli giustizia. Mi interessano sia il passato che il futuro… sono gli estremi che stimolano a continuare.”
Alcuni dei suoi progetti più futuristici hanno anche visto la stampa, recentemente. Krentz ha contribuito alla serie di libri di Megan H. Rothrock LEGO Adventure Book, dove i lettori possono studiare le foto di strutture molto intricate che sono essenziali per comprendere pezzi della storia.
“È stata un’esperienza molto interessante. Ho potuto usare alcuni dei miei modelli più all’avanguardia; un edificio con la forma di stella a sei lati e altre costruzioni geometriche che non sono sempre semplicissime da costruire quanto capisci che ci sono degli elementi che mancano. Si potrebbe dire che quegli edifici siano la mia versione del futuro. Questa cosa del libro mi ha fatto sentire un po’ come se stessi di nuovo lavorando con LEGO, in un certo senso, ed è stata davvero una bella esperienza.”
Il settantottenne non ha mai avuto la possibilità di incontrare il genere di fan LEGO che esiste oggi mentre lavorava come designer, ma oggi gli piace l’opportunità di mescolarsi ai fan almeno una volta all’anno…. anche se probabilmente i fan non si rendono conto di chi sia.
“Sono stato un paio di volte al Fan Weekend di Skærbæk, a un’ora di auto da Billund. Mi ha accompagnato il mio amico Mark Stafford e quando torno a casa porto con me molte impressioni… mi ispira molto. Questa gente usa ancora gli stessi mattoncini con cui ho lavorato per così tanti anni e credo che questo la dica lunga sulla durabilità del prodotto. È ancora ottimo oggi come lo era allora… probabilmente ancora meglio, in molti aspetti.”
Sembra un finale adatto a questa interessante chiacchierata con una delle più grandi leggende del design LEGO, ma c’è ancora una domanda che dobbiamo chiedere. Ha un set LEGO preferito?
“Domanda molto difficile. Sono molto fortunato ad aver avuto a che fare con così tanti set, ma visto che mi interessa molto l’architettura probabilmente deve essere un edificio. Erano gli edifici i set che mi piaceva di più realizzare, perché gli edifici riflettono le società.” Krentz sembra pensare a voce alta ora e quando gli chiediamo quale dei set realizzati da lui gli piaccia di più, il filo dei pensieri continua.
“Dovrebbe comunque essere un edificio e mi piacevano soprattutto i castelli che realizzavamo. Era un tema molto europeo. Prendevamo ispirazione da libri e foto e abbiamo realizzato ogni genere di variazione. Se dovessi scegliere un castello… forse potrebbe essere questo giallo qui sul tavolo.”
Krentz sorride e prende in mano alcune delle minifigure, poi alza il ponte levatoio rosso. Il curatore del suo museo sa ancora come si fa a giocare con gli oggetti esposti. Non ci sorprende notare che il suo gusto in fatto di castelli sia impeccabile.
“Questa gente usa ancora gli stessi mattoncini con cui ho lavorato per così tanti anni e credo che questo la dica lunga sulla durabilità del prodotto”
Intervista di Are M. Heiseldal
Fotografie di Per Kronvold
da Bricks Culture n. 3